mercoledì 25 giugno 2014

INDICE DEL BLOG

PRESENTAZIONE ROMANZO


AUTOMAZIONE:
ILLUMINAZIONE ARTIFICIALE:
LA FABBRICA CINEMATOGRAFICA:
TRASPORTI:




ABBECEDARIO

Automatico
Bicicletta
Cinematografo
Dinamo
Elettrico
Film
Gubbio
H-
Industria
Lampadina elettrica
Macchina
Nuti
Operaj
Pellicola
Quaderni
Riproduzione meccanica
Strumenti
Tram elettrico
Uomo-macchina *
Viraggio **
Zeme ***

* la parola fa riferimento ad un concetto che si evince fortemente nel romanzo non ad una citazione
** processo chimico
*** il Senatore

LA VITA UMANA PER LA MACCHINA

“Appena ho potuto, alla gente che mi stava attorno atterrita, ho prima significato con cenni, poi per iscritto, che fosse ben custodita la macchina, che a stento m'era stata strappata dalla mano: aveva in corpo quella macchina la vita d'un uomo; gliel'avevo data da mangiare fino all'ultimo, fino al punto che quel braccio s'era proteso a uccidere la tigre. Tesori si sarebbero cavati da quel film, col chiasso enorme e la curiosità morbosa, che la volgare atrocità del dramma di quei due uccisi avrebbe suscitato da per tutto.
Ah, che dovesse toccarmi di dare in pasto anche materialmente la vita d'un uomo a una delle tante macchine dall'uomo inventate per sua delizia, non avrei supposto. La vita, che questa macchina s'è divorata, era naturalmente quale poteva essere in un tempo come questo, tempo di macchine; produzione stupida da un canto, pazza dall'altro, per forza, e quella più e questa un po' meno bollate da un marchio di volgarità.
(pag 276)

Emblematico questo ultimo passo che ci porta a riflettere di quanto sia malata la mente umana, che rischia e alla fine perde una vita umana per una "finzione meccanica".
Per maggiori informazioni sul tema della macchina invito a leggere gli approfondimenti posti sotto agli altri post della stessa etichetta.

LA REALTA' MECCANICA

“Si dovrebbe capire, che il fantastico non può acquistare realtà, se non per mezzo dell'arte, e che quella realtà, che può dargli una macchina, lo uccide, per il solo fatto che gli è data da una macchina, cioè con un mezzo che ne scopre e dimostra la finzione per il fatto stesso che lo dà e presenta come reale. Ma se è meccanismo, come può esser vita, come può esser arte? È quasi come entrare in uno di quei musei di statue viventi, di cera, vestite e dipinte. Non si prova altro che la sorpresa (che qui può essere anche ribrezzo) del movimento, dove non è possibile l'illusione d'una realtà materiale.
E nessuno crede sul serio di poterla creare, quest'illusione. Si fa alla meglio “per dar roba da prendere alla macchina, qua nei cantieri, là nei quattro teatri di posa o nelle piattaforme. Il pubblico, come la macchina, prende tutto. Si fan denari a palate, e migliaja e migliaja di lire si possono spendere allegramente per la costruzione d'una scena, che su lo schermo non durerà più di due minuti.
(pag 103)

Per maggiori informazioni sul tema: la macchina,  dall'Enciclopedia Treccani.

giovedì 19 giugno 2014

LA MACCHINETTA 5

“girando ancora la manovella, senza poterne fare a meno, quando un braccio alla fine s'introdusse tra le sbarre armato di rivoltella e tirò un colpo a bruciapelo in un'orecchia della tigre sul Nuti già sbranato; e io fui tratto indietro, strappato dalla gabbia con la manovella della macchinetta così serrata nel pugno, che non fu possibile in prima strapparmela.
(tratto da pag. 275)

Per approfondire l'argomento visita i post percedenti.

LA MACCHINETTA 4

“Non so perché, mi dice il cuore che, girando la manovella di questa macchinetta di presa, io sono destinato a fare anche la vostra vendetta e del vostro povero Giorgio, cara Duccella, cara nonna Rosa!"
(tratto da pag. 93)

“Si sentano schiavi anch'essi di questa macchinetta stridula, che pare sul treppiedi a gambe rientranti un grosso ragno in agguato, un ragno che succhia e assorbe la loro realtà viva per renderla parvenza evanescente, momentanea, giuoco d'illusione meccanica davanti al pubblico. E colui che li spoglia della loro realtà e la dà a mangiare alla macchinetta; che riduce ombra il loro corpo, chi è? Sono io, Gubbio.
(tratto da pag.117)

“Mi sentii d'un tratto da questa nausea alienato da tutti, da tutto, anche da me stesso, liberato e come vôtato d'ogni interessamento per tutto e per tutti, ricomposto nel mio ufficio di manovratore impassibile d'una macchinetta di presa, ridominato soltanto dal mio primo sentimento, che cioè tutto questo fragoroso e vertiginoso meccanismo della vita, non può produrre ormai altro che stupidità. Stupidità affannose e grottesche! Che uomini, che intrecci, che passioni, che vita, in un tempo come questo? La follia, il delitto, o la stupidità. Vita da cinematografo!
(tratto da pag. 228)

Per un approfondimento sul tema vedere i post precedenti.

lunedì 16 giugno 2014

TELEGRAFO/TELEGRAFICO

“Ma che stelle, no, signori! Non ci credete. Neppure all'altezza d'un palo telegrafico. Un soffio li abbatte e li ròtola giù, e tal altro ingombro, non più dentro ma fuori, ce ne fa, che
(tratto da pag. 48)

Questo ritorno di sorpresa del Ferro... Scommetto che lei lo sapeva; se pure lei stessa jeri non gli ha telegrafato di venire; sì, apposta, per farsi trovare lì in amichevole colloquio con lui, col signor Nuti.
(tratto da pag. 253)


Nel testo trova un importante collocazione il telegrafo: uno dei primi mezzi di telecomunicazione. Per saperne di più clicca qui.

sabato 14 giugno 2014

CINEMATOGRAFO

“Mi sentii d'un tratto da questa nausea alienato da tutti, da tutto, anche da me stesso, liberato e come vôtato d'ogni interessamento per tutto e per tutti, ricomposto nel mio ufficio di manovratore impassibile d'una macchinetta di presa, ridominato soltanto dal mio primo sentimento, che cioè tutto questo fragoroso e vertiginoso meccanismo della vita, non può produrre ormai altro che stupidità. Stupidità affannose e grottesche! Che uomini, che intrecci, che passioni, che vita, in un tempo come questo? La follia, il delitto, o la stupidità. Vita da cinematografo! Ecco qua: questa donna che mi stava davanti, coi capelli di rame. Là, nelle sei tele, l'arte, il sogno luminoso d'un giovinetto che non poteva vivere in un tempo come questo. E qua, la donna, caduta da quel sogno; caduta dall'arte nel cinematografo. Sù, dunque una macchinetta da girare! Ci sarà un dramma qui? Ecco la protagonista."
(pag. 228)

Per informazioni sul cinematografo vi rimando al seguente post


venerdì 13 giugno 2014

LA RIPRODUZIONE FOTOGRAFICA

“Ibrido, perché in esso la stupidità della finzione tanto più si scopre e avventa, in quanto si vede attuata appunto col mezzo che meno si presta all'inganno: la riproduzione fotografica. Si dovrebbe capire, che il fantastico non può acquistare realtà, se non per mezzo dell'arte, e che quella realtà, che può dargli una macchina, lo uccide, per il solo fatto che gli è data da una macchina, cioè con un mezzo che ne scopre e dimostra la finzione per il fatto stesso che lo dà e presenta come reale. Ma se è meccanismo, come può esser vita, come può esser arte? È quasi come entrare in uno di quei musei di statue viventi, di cera, vestite e dipinte. Non si prova altro che la sorpresa (che qui può essere anche ribrezzo) del movimento, dove non è possibile l'illusione d'una realtà materiale.”
(tratto da pag. 103)


Agli inizi del 900 la macchina fotografica inizia a diventare un bene comune, infatti...(clicca qui per scoprire la storia delle foto).





giovedì 5 giugno 2014

MACCHINA: NASCITA DEL CINEMA

“La macchina, con gli enormi guadagni che produce, se li assolda, può compensarli molto meglio che qualunque impresario o direttore proprietario di compagnia drammatica. Non solo; ma essa, con le sue riproduzioni meccaniche, potendo offrire a buon mercato al gran pubblico uno spettacolo sempre nuovo, riempie le sale dei cinematografi e lascia vuoti i teatri, sicché tutte, o quasi, le compagnie drammatiche fanno ormai meschini affari; e gli attori, per non languire, si vedono costretti a picchiare alle porte delle Case di cinematografia. Ma non odiano la macchina soltanto per l'avvilimento del lavoro stupido e muto a cui essa li condanna; la odiano sopra tutto perché si vedono allontanati, si sentono strappati dalla comunione diretta col pubblico, da cui prima traevano il miglior compenso e la maggior soddisfazione: quella di vedere, di sentire dal palcoscenico, in un teatro, una moltitudine intenta e sospesa seguire la loro azione viva, commuoversi, fremere, ridere, accendersi, prorompere in applausi."
(pag 116)

Uno degli aspetti da considerare nel caso dell'invenzione del cinematografo è appunto un allontanamento dal teatro classico, nato con i greci. Con il cinema gli attori modificano il loro lavoro, cambiano il loro modo di approciarsi al pubblico perché non è più un pubblico diretto ma è un pubblico indiretto, che non può manifestare i propri sentimenti nel momento in cui la scena viene girata, privando gli attori della vera loro ricompensa che è proprio legata a quei sentimenti. Ma il cinema nasce come manifestazione di una nuova arte, che rende gli attori ricchi e famosi.
Proposta di lettura tratta dall'enciclopedia Treccani: il cinema.


domenica 1 giugno 2014

LA KOSMOGRAPH COME FABBRICA

1° quello di trovare il posto, che occupo al presente, o meglio, l'occasione di entrare come operatore nella grande Casa di cinematografia La Kosmograph;
(tratto da pag. 58)

Un certo rinfranco all'avvilimento lo hanno nel non vedersi essi soli mortificati al servizio di questa macchinetta, che “muove, agita, attrae tanto mondo attorno a sé. Scrittori illustri, commediografi, poeti, romanzieri, vengono qua, tutti al solito dignitosamente proponendo la “rigenerazione artistica” dell'industria. E a tutti il commendator Borgalli parla d'un modo, e Cocò Polacco d'un altro: quello, coi guanti da direttore generale; questo, sbottonato, da direttore di scena
(tratto da pag 117)

La Kosmograph, ovvero questa grande casa cinematografica, deve essere interpretata come un'industria: così come in una fabbrica tutto il processo è suddiviso; per la realizzazione del "prodotto" (film) si parte dai fornitori di materia prima fino ad arrivare alla grande distribuzione passando per una assembly line ben definita che si espleta grazie all'impiego di operai specializzati.
A questo fondamentale tema che ci serve per inquadrare meglio il nostro presente suggerisco un approfondimento: link 1link2.

LA MACCHINETTA 3

“La Nestoroff ha per me, come tutti i suoi compagni d'arte, un'avversione quasi istintiva. Non la ricambio affatto perché con lei io non vivo, se non quando sono a servizio della mia macchinetta, e allora, girando la manovella, io sono quale debbo essere, cioè perfettamente impassibile."
(tratto da pag. 82)

Si rimanda alla lettura dei post precedenti per un approfondimento riguardo il tema della "macchinetta".

LA MACCHINETTA 2

Che volete farci? Io sono qua. Servo la mia macchinetta, in quanto la giro perché possa mangiare. Ma l'anima, a me, non mi serve. Mi serve la mano; cioè serve alla macchina. L'anima in pasto, in pasto la vita, dovete dargliela voi signori, alla macchinetta ch'io giro. Mi divertirò a vedere, se permettete, il prodotto che ne verrà fuori. Un bel prodotto e un bel divertimento, ve lo dico io.
Già i miei occhi, e anche le mie orecchie, per la lunga abitudine, cominciano a vedere e a sentir tutto sotto la specie di questa rapida tremula ticchettante riproduzione meccanica.”
(tratto da pag.48)

Questo post segue a quello precedente, che si focalizza appunto sul ruolo centrale svolto dalla meccanizzazione agli inizi del Novecento.

MACCHINETTA

Ecco qua. Colloco sul treppiedi a gambe rientranti la mia macchinetta. Uno o due apparatori, secondo le mie indicazioni, tracciano sul tappeto o su la piattaforma con una lunga pertica e un lapis turchino i limiti entro i quali gli attori debbono muoversi per tenere in fuoco la scena.
Questo si chiama segnare il campo.
Lo segnano gli altri; non io: io non faccio altro che prestare i miei occhi alla macchinetta perché possa indicare fin dove arriva a prendere.”
(tratto da pag.45)


La macchinetta è uno degli oggetti più citati all'interno del romanzo, infatti basta pensare che si ripete per ben 49 volte!! Sicuramente quello della meccanizzazione rappresenta uno degli aspetti fondamentali di tutto il romanzo, che appunto è collocato in un contesto storico di passaggio (per maggiori informazioni leggi il post relativo al contesto storico del romanzo). In questo romanzo la parola "macchinetta" rimanda al cinematografo(cinematografo)
Da un punto di vista tecnologico, suggerisco questo esaustivo collegamento per capire cosa è in realtà una macchina.

LA MACCHINA (2)

E tutte le meraviglie della complicazione industriale e così detta artistica mi sono familiari.
Qua si compie misteriosamente l'opera delle macchine.
Quanto di vita le macchine han mangiato con la voracità delle bestie afflitte da un verme solitario, si rovescia qua, nelle ampie stanze sotterranee, stenebrate appena da cupe lanterne rosse, che alluciano sinistramente d'una lieve tinta sanguigna le enormi bacinelle preparate per il bagno.
La vita ingojata dalle macchine è lì, in quei vermi solitarii, dico nelle pellicole già avvolte nei telaj.
Bisogna fissare questa vita, che non è più vita, perché un'altra macchina possa ridarle il movimento qui in tanti attimi sospeso. Siamo come in un ventre, nel quale si stia sviluppando e formando una mostruosa gestazione meccanica.”
(pag 102)

In questo passo Pirandello vede la macchina, in particolare quella cinematografica, come un qualcosa che divora la vita umana incastrandola tra la pellicola e tra i telai. Emerge ancora il concetto sottolineato dei post precedenti aventi la stessa etichetta.
Per informazioni pù dettagliate della macchina da un punto di vista tecnologico suggerisco questo link



L'UOMO SERVITORE DELLA MACCHINA

“Tutte le considerazioni da me fatte in principio sulla mia sorte miserabile e su quella di tanti altri condannati come me a non esser altro che una mano che gira una manovella, hanno per punto di partenza quest'uomo incontrato la prima sera del mio arrivo a Roma. Certamente ho potuto farle, perché anch'io mi sono ridotto a quest'ufficio di servitore d'una macchina; ma son venute dopo.”
(pag 62)


Questo sicuramente è un altro passo da dove si scorge questa idea negativa che si ha della macchina, che sembra riprendere le riflessioni di George Basalla secondo cui nel passaggio al mondo della meccanizzazione, non è più la macchina ad essere una protesi dell’uomo ma è l’uomo ad essere una protesi della macchina, in quanto essa lavora da sola e l’uomo deve provvedere solo a creare e controllare le condizioni giuste affinché il suo lavoro sia continuo e di qualità.

LA MACCHINA (1)


La macchina è fatta per agire, per muoversi, ha bisogno di ingojarsi la nostra anima, di divorar la nostra vita. E come volete che ce le ridiano, l'anima e la vita, in produzione centuplicata e continua, le macchine? Ecco qua: in pezzetti e bocconcini, tutti d'uno stampo, stupidi e precisi, da farne, a metterli sù, uno su l'altro, una piramide che potrebbe arrivare alle stelle. Ma che stelle, no, signori! Non ci credete. Neppure all'altezza d'un palo telegrafico. Un soffio li abbatte e li ròtola giù, e tal altro ingombro, non più dentro ma fuori, ce ne fa, che - Dio, vedete quante scatole, scatolette, scatolone, scatoline? - non sappiamo più dove mettere i piedi, come muovere un passo. Ecco le produzioni dell'anima nostra, le scatolette della nostra vita!"
(pag. 48)

Il tema fondamentale del libro è proprio il timore verso le macchine e verso la loro diffusione nei più svariati settori che avviene in Italia a partire dal Novecento. Ma cosa è una macchina? Cosa intendiamo per meccanizzazione? Su quali basi poggia? a cosa ha portato? Quali furono e quali sono i rivolti sociali in Italia? Per dare una risposta a queste domande invito vivamente a leggere  questo esaustivo approfondimento tratto dall'enciclopedia Treccani.